sabato 27 gennaio 2018

Socrate e la cultura del dialogo

Socrate si distingue dagli altri per una particolare attenzione dei valori dell'interiorità e della ricerca della verità.

IL CONTESTO IN CUI VIVE E OPERA SOCRATE
Socrate opera e vive in un clima difficile, il quale da un lato si propone di combattere le posizioni relativiste della sofistica, dall'altro deve subire l'ostilità delle classi conservatrici che assimilavano in modo superficiale la sofistica, nei suoi aspetti più negativi, alla filosofia in generale.
Un esempio di tale differenza verso la filosofia è fornito dalla commedia Le nuvole di Aristofane, in cui Socrate è rappresentato come un personaggio strano, dedito a inutili ricerche di carattere naturalistico, che filosofeggia alla maniera dei sofisti di ultima generazione. Alla fine della commedia, un cliente deluso, in quanto non ha appreso da Socrate né nuove conoscenze né una nuova arte, incendia il pensatoio (ossia si libera dei filosofi). Questa scena ci fa capire il dramma di Socrate, l'uomo giusto e saggio, che nel 339 a.C sarà condannato a morte dal tribunale di Atene. Per nessun'altra personalità filosofica possiamo parlare di una così totale compenetrazione tra pensiero e vita, tra filosofia e azione, tra privato e pubblico; è questa coincidenza che fa di Socrate il filosofo per eccellenza.

UNA FIGURA STRAORDINARIA
Socrate non scrisse nulla, egli preferiva il contatto immediato con le persone, in particolare i giovani.
Sulla sua figura e sul suo pensiero abbiamo molte testimonianze indirette, tra cui spicca quella di Platone, che fu suo discepolo e può considerarsi il più attendibile interprete del pensiero del maestro. Socrate è anche il protagonista di altri scritti, detti Discorsi socratici, composti da vari suoi seguaci come Eschine, Anistene, Senofonte. Ci sono inoltre pervenute, brevi considerazioni nella Metafisica di Aristotele.  
Fisicamente Socrate non doveva essere un bell'uomo: era basso, con la pancia grossa, gli occhi fissi e sporgenti, ma aveva un animo eccezionalmente bello e nobile, coraggioso e forte. Mostrerà questo coraggio di fronte ai suoi accusatori nel processo in cui sarà condannato a morte, scegliendo di sacrificare la propria vita piuttosto che ribellarsi alle leggi della città.

IL PROCESSO E LA CONDANNA DI SOCRATE
Socrate fu processato e condannato a mote nel 399 a. C. ad Atene, poiché era visto come un elemento destabilizzante per i nuovi equilibri politici di quel tempo.
Egli fu accusato e riconosciuto colpevole di non onorare gli dei della sua città, e di aver addirittura inventato nuove divinità, e di aver corrotto i giovani. Tali accuse erano una scusa poiché in Grecia era tollerato non credere in nessuna divinità. Tutto questo era perché il nuovo governo lo temeva.
Socrate metteva in dubbio ogni cosa: si chiedeva "perché?" di ogni cosa, per questo avrebbe potuto cambiare nuovamente il sistema politico appena adottato.

Inoltre Socrate non fu condannato da un gruppo ristretto di persone, ma dalla maggioranza di una giuria popolare composta di cinquecento persone.

LA MORTE COME EMBLEMA DI COERENZA
La morte fu il sigillo estremo della grandezza spirituale di Socrate.
la condanna fu eseguita soltanto dopo un mese, perché il giorno precedente la data stabilita per l'esecuzione era partita la nave per le feste di Delo e nessuna sentenza capitale poteva essere eseguita finché la nave non fosse tornata. Egli trascorse serenamente in carcere quel periodo di attesa, conversando con gli amici, rifiutandosi di evadere, secondo il suggerimento di Critone, un suo affezionato discepolo, il quale avrebbe potuto corrompere il carceriere. L'ultimo giorno, bevve con serenità la cicuta.
La morte di Socrate può essere interpretata come l'atto conclusivo e il drammatico coronamento di un'esistenza vissuta all'insegna del rigore morale e del perfezionamento interiore.

UNA VITA DEDICATA ALLA RICERCA
Socrate inizia la sua ricerca recandosi presso gli uomini che avevano fama di grande sapienza.  Andò inizialmente da un importante uomo politico che, pur ritenendosi molto saggio, si rivelò essere totalmente il contrario. Ebbe diverse conversazioni anche con altre "persone importanti", o che almeno si ritenevano tali, e capì che ognuno di loro conosceva molto sulla propria arte, ma nulla sul resto del mondo.
Socrate è il più saggio perché sa di non sapere.
Socrate è stato condannato anche perché costringe gli uomini a dubitare di loro stessi e della loro sapienza.


LA NECESSITA' DI DEFINIRE I TERMINI
Chiunque entrasse in contatto e in amicizia con Socrate, sentendolo parlare, veniva influenzato tantissimo dal suo modo di pensare. Egli  dunque metteva in crisi coloro con cui dialogava, insinuando in loro il dubbio. In particolare lui insegnava a non accettare mai idee o giudizi senza conoscere fino in fondo il loro significato.
Ai suoi interlocutori, Socrate poneva la stessa domanda: "Tu parli del bene della città, del rispetto dei genitori, della santità, della religione, della virtù, del coraggio, ecc. Ma ti sei mai chiesto che cosa sono il bene, il rispetto, la santità, la religione, la virtù, il coraggio, ecc.?"
Socrate non arrivò a formulare concetti universali, né fu in grado di fornire la definizione di bene o di virtù.
Il suo intento fu da un lato quello di dimostrare che coloro che si credevano sapienti, in realtà non lo erano affatto, in quanto non conoscevano in profondità ciò di cui parlavano, dall'altro quello di pervenire a una definizione soddisfacente dell'argomento trattato, che consentisse un accordo linguistico e concettuale tra gli interlocutori.

IL METODO SOCRATICO
Il metodo adottato da Socrate si componeva di due momenti fondamentali:
- critico e "negativo", l'ironia 
- costruttivo e "positivo", la maieutica

Socrate non poteva proporre nuove conoscenze dal momento che non era esperto in nulla (sapeva di non sapere). Egli doveva esaminare e mettere alla prova i giovani, per capire se le loro intelligenze fossero valide o meno
Socrate aveva un dialogo con diverse persone dette "amici", fatto di domande e risposte brevi. Era necessario che ci fosse fiducia reciproca.


IRONIA
Dialogando con i suoi interlocutori, Socrate chiedeva loro di puntarsi su un particolare tema (esempio: coraggio, bene) e mostrava in primo luogo di accettare il loro discorso valido. Egli dichiarava di non conoscere l'argomento in questione. Pian piano risultava chiaro che anche l'interlocutore non sapeva realmente cosa fosse ciò di cui si parlava.
Ecco che la "maschera" dell'ignoranza si rivelava lo strumento più efficace per mettere a nudo l'ignoranza altrui.

MAIEUTICA
In questo momento, Socrate voleva far capire quanto fosse importante ricercare la verità, senza fermarsi ad una conoscenza superficiale.
Egli aiutava a partorire le idee, da questo il nome maieutica, arte della levatrice.
 


lunedì 8 gennaio 2018

Primavera, estate, aututnno, inverno....e ancora primavera

Il film è ambientato in un eremo buddista al centro di un lago in una foresta incontaminata, e racconta la vita di un monaco buddista attraverso le stagioni della sua vita.

PRIMAVERA
La storia comincia con la presenza di un anziano monaco e del suo giovanissimo discepolo e novizio, che vivono in un eremo galleggiante al centro di un laghetto. Il novizio è il protagonista del film. Durante la "primavera" della sua esistenza, il giovane novizio scopre l'importanza e il rispetto della vita, grazie soprattutto alla rigida educazione impostagli dal suo maestro. Infatti questo, per punire il bambino per il suo atteggiamento violento e cinico nei confronti di alcuni animali del bosco, lo punisce infliggendogli la stessa pena. In questa parte del film, nell'eremo è presente un cane.



ESTATE
La vita del giovane monaco, divenuto ormai un adolescente, viene stravolta dall'arrivo nell'eremo di una donna con sua figlia, anche lei adolescente ma malata. Alla richiesta della madre, il vecchio monaco accondiscende a che la ragazza resti nel monastero per poter curare il suo male, anche se il maestro ritiene che il problema non sia fisico, bensì interiore. La presenza della ragazza turba profondamente il giovane monaco, al punto che i due cederanno alle loro tentazioni, apparentemente all'insaputa del vecchio monaco. Il giovane monaco, innamorato della ragazza ormai guarita e partita per tornare nel mondo "reale", scapperà dall'eremo per poterla raggiungere. In questa "stagione", nell'eremo è presente un gallo.


AUTUNNO
Il vecchio monaco continua la sua vita solitaria nell'eremo e, per caso, scopre su una pagina di giornale che un trentenne è in fuga dopo aver ucciso sua moglie per gelosia. Il fuggitivo è proprio il giovane monaco, che si rifugia nell'eremo presso il suo maestro, e dove tenta anche il suicidio ma è prontamente fermato dal vecchio. In questa parte del film, nell'eremo è presente un gatto bianco. Per aiutare a ritrovare la pace interiore, il vecchio monaco assegna al giovane un lavoro di grande calma e meticolosità: incidere nel legno del basamento del tempio l'intero testo cinese del Sutra del Cuore della Perfezione della Saggezza, che egli stesso dipinge sul legno usando la punta della coda del gatto come pennello. Intanto, però, due poliziotti riescono a scovare il giovane omicida ma accettano, su richiesta del maestro, di portarlo via solo a lavoro concluso. L'indomani mattina il giovane termina il lavoro e parte con i due poliziotti. Tempo dopo il vecchio monaco, ormai invecchiato e debole, decide di mettere fine alla sua vita, consapevole di aver adempiuto al suo compito, dandosi fuoco su una pira funebre nella sua barca al centro del lago. Dalla barca esce un serpente, che entra nell'eremo.

INVERNO
Ormai divenuto un uomo maturo, il discepolo del defunto maestro torna all'eremo, dove tutto è ghiacciato per il freddo, con il serpente lì ad aspettare. Dopo aver scoperto la fine del proprio maestro, il monaco comincia ad esercitarsi nelle arti marziali. Ma la sua vita cambia quando una giovane donna lascerà nel convento alle attenzioni del monaco, il suo piccolissimo figlio. Questa mentre cerca di allontanarsi nel cuore della notte, cade in un buco nel lago ghiacciato che il monaco aveva scavato in precedenza per estrarre l'acqua per bere e lavarsi, e finisce annegata. Il giorno successivo il monaco ritrova il suo cadavere, e reagisce legando al suo corpo la grande pietra circolare del monastero e si arrampica sulla sommità della montagna circostante più elevata portando un'altra statua, che dispone lì, rivolta verso il lago.

...E ANCORA PRIMAVERA
Il ciclo della vita riprende: il monaco si prenderà cura del bambino, che intanto è cresciuto, così come il vecchio defunto monaco aveva fatto tempo addietro con lui. Stavolta nell'eremo è presente una tartaruga.



Analizzando un po' più approfonditamente, si avverte che gli avvenimenti violenti ricorrono, e sono alla base dei grandi cambiamenti di vita del protagonista. Tutto questo fa pensare. Soprattutto perché inserito in un contesto di estrema pace e natura. Un altro aspetto che mi ha colpito è il fatto che i dialoghi sono ridotti al minimo e non sono realmente necessari per comprendere il senso delle immagini, quindi sono preponderanti i suoni del mondo naturale del film e il silenzio interiore dello spettatore, assorto da una realtà meditativa, lontana dalla “vita mondana” che appesantiscono il giovane uomo ritornato dal vecchio monaco che l’ha cresciuto.

giovedì 4 gennaio 2018

I sofisti

I sofisti possono essere considerati i primi insegnanti a pagamento della storia. Con i sofisti l'esercizio del sapere, inteso come bagaglio culturale indispensabile per emergere nella contesa politica, diventa un mestiere, un lavoro a pagamento che essi esercitavano spostandosi da un luogo all'altro in cerca di discepoli, circostanza che consente loro di acquisire una mentalità aperta e cosmopolita, rendendoli consapevoli della molteplicità dei costumi e delle credenze della varie civiltà.
Il termine "sofista", che nell'antichità significava letteralmente "sapientissimo", nel linguaggio odierno evoca qualcosa di artificioso. Nel significato di questo termine sembrano essere confluite quelle connotazioni negative che al movimento sofistico erano state attribuite dai filosofi posteriori, ad esempio da Platone e da Aristotele.
 
PROGETTO EDUCATIVO DEI SOFISTI
I sofisti si muovono nel fecondo contesto culturale dell'Atene del V secolo; un ambiente antitradizionalista e critico, aperto alla discussione e al dibattito, di cui essi si fanno interpreti esemplari esprimendo un'inedita libertà di spirito e un'attitudine a utilizzare in modo spregiudicato la ragione in tutti gli ambiti. Il loro fine principale è quello del sapere, inteso come unico fondamento della virtù. Una virtù adatta al nuovo clima culturale e al nuovo ambiente cittadino caratterizzato dalla democrazia. La nuova virtù coincideva essenzialmente con la capacità di vivere in società, di saper partecipare ai pubblici dibattiti, di essere in grado di convincere gli altri della propria idea, di assumere decisioni rapide e condivisibili . Una virtù, che da una parte comportava il confronto civile e politico e, dall'altra, la padronanza ampia e sicura del linguaggio e della parola. I sofisti si dedicano pertanto a formare i giovani per renderli adatti alle nuove esigenze della vita sociale, mirando a offrire loro un sapere che abbia un risvolto pratico e operativo, cioè orientato al successo e alla riuscita individuale, si impegnano ad addestrarli nella complessa  "arte politica".
 
PROTAGORA
L'uomo come criterio di giudizio della realtà
Protagora è il pensatore più originale del movimento, famoso in tutta la Grecia per la sua straordinaria eloquenza. A lui la tradizione attribuisce la celebre affermazione secondo la quale "L'uomo è misura di tutte le cose, delle cose che sono in quanto sono, delle cose che non sono in quanto non sono".
In primo luogo, "uomo" può essere inteso come l'individuo singolo e, dunque, l'affermazione significherebbe che le cose appaiono diverse a seconda dei punti di vista soggettivi. In secondo luogo, il termine "uomo" può essere interpretato come "umanità", "genere umano", e dunque Protagora si riferirebbe al fatto che la percezione e la valutazione della realtà dipendono dalla particolare conformazione mentale degli uomini. L'ultima prospettiva è quella che attribuisce al termine "uomo" il significato di "civiltà" o "popolo", e pertanto equivale a una forma di relativismo culturale, secondo cui le cose sono valutate in modo diverso a seconda delle abitudini e delle convinzioni della comunità a cui gli uomini appartengono. Ciò che emerge dal frammento protagoreo è dunque una visione relativistica: non esiste una verità assoluta. Allo stesso modo, non vi è una legge naturale e universale che stabilisca che cos'è giusto e che cos'è  ingiusto, che cos'è  bene e che cos'è male. Il relativismo di Protagora riconduce tutte le conoscenze al contesto umano, sociale e culturale in cui si sono formate. Da questo punto di vista la sua concessione può essere considerata come una forma di "umanismo", in quanto l'uomo è sempre criterio o punto di riferimento di ogni giudiziosulla realtà.
 
IL POTERE DELLA PARPOLA
Il criterio di giudizio secondo Protagora è rappresentato dall'utile, inteso come ciò che ci concorda essere il bene del singolo e della comunità. In tale ottica la parola assume  un ruolo di fondamentale importanza come strumento per raggiungere il consenso. Grazie ad essa è possibile confrontare le varie posizioni in campo e dialogare per raggiungere una prospettiva condivisa.
Coloro che possiedono gli strumenti logici ed espressivi più efficaci possono convincere gli altri della validità delle proprie posizioni. Protagora afferma di proseguire l'utilità comune,cui indirizza l'insegnamento della retorica, cioè l'arte di persuadere l'uditorio mediante un linguaggio chiaro,semplice e convincente. Il metodo protagoreo o metodo dell'antilogia si fonda sul presupposto che su ogni cosa sia sempre possibile addurre argomenti a favore e contrari.

LA POLITICA COME "TECNICA DI TUTTE LE TECNICHE"

Il sofista di Abdera, Democrito, delinea una particolare tesi dello sviluppo della civiltà, inteso come un progresso costante dovuto alle tecniche, grazie a cui l'uomo trasforma l'ambiente naturale sottomettendolo ai propri bisogni. Le tecniche, tuttavia, non basterebbero da sole a garantire la sopravvivenza del genere umano se non si fosse sviluppata anche "la tecnica di tutte le tecniche", cioè la politica. Come si legge nel mito di prometeo narrato nel dialogo, tale tecnica deve essere posseduta indifferentemente da tutti gli uomini.

 
 
GORGIA
 

LA FRATTURA TRA IL LINGUAGGIO E LE COSE
Con Gorgia il linguaggio non si identifica più, come aveva detto Parmenide,con l'essere, tra il linguaggio e le cose si pone un insanabile frattura.
Il sofista siciliano Gorgia sostiene che il discorso è tutto. Di qui l'elogio della parola come forza conquistatrice. Scrive Gorgia:
La parola e una potente signora, che pur dotata di un corpo piccolissimo e invisibile compie le opere più divine. 
Secondo questo sofista non esiste nulla di oggettivo, se anche le cose esistessero, non sarebbe possibile, per l'uomo, né pensarle,né conoscerle, né comprenderle. Se anche fossero conoscibili non potrebbero essere comunicabili agli altri, perché il mezzo di comunicazione è la parola, la quale non può mai identificarsi con la realtà.
L'essere non esiste perché la sua esistenza implicherebbe una serie di contraddizioni logiche,come dimostra il fatto che le opposte tesi dei filosofi naturalisti si annullano reciprocamente.
Se anche esistesse non potremmo conoscerlo, perché il pensiero non rispecchia la realtà, come sta a dimostrare il fatto che possiamo pensare cose inesistenti.
Se anche fosse conosciuto non potrebbe essere comunicato attraverso le parole, che hanno una natura diversa rispetto alle cose.
Egli, dunque, riconosce che è impossibile affermare una verità assoluta intorno all'essere, perché l'uomo non possiede strumenti conoscitivi ed espressivi adeguati. La credibilità delle affermazioni viene ancorata alla forza persuasiva delle parole e non più a una presunta verità riconoscibile e condivisibile da tutti. Il linguaggio è un gioco, che affascina e conquista, è una forza ammaliatrice che permette di dominare e influenzare i sentimenti degli uomini. 
Per Gorgia l'esistenza è irrazionale e misteriosa e gli uomini non sono liberi ne responsabili, ma soggiogati da forze ignote e incontrollabili. 


GLI SVILPUPPI DELLA SOFISTICA
 Prodico e l'arte dei sinonimi:

Con Gorgia la sofistica raggiunge i suoi esiti estremi, in quanto perviene a una visione nichilistica, che non solo nega la possibilità di conoscere la realtà in modo oggettivo e universale, ma non ammette neppure che ci possano essere conoscenze e discorsi utili e condivisi all'interno di una comunità di uomini.


Prodico di Ceo, oratore politico ed educatore ebbe un interesse particolare per l'etimologia delle parole.
Riteneva, infatti, che le parole avessero un origine convenzionale, cioè che nascessero da un accordo dei popoli sui nomi da attribuire alle cose, e che attraverso l'indagine della loro storia si potesse ricostruire la civiltà delle varie comunità umane. Egli sviluppò anche una sottile e raffinata arte dei sinonimi, con cui classificò le molteplici sfumature dei differenti vocaboli aventi il medesimo significato allo scopo di evidenziare l'esistenza di una connessione tra il nome e la cosa.

 
 
 
IPPIA, ANTIFONTEE TRASIMACO: IL TEMA DELLE LEGGI
Vi e un altro ambito di riflessione che risulta essere tipico della sofistica, quello dell'origine delle leggi, della loro validità e della loro continuità. Interessanti ,a questo proposito, sono le soluzioni di Ippia e di Antifonte. Essi teorizzano la superiorità della legge di natura, immutabile e uguale per tutti in ogni paese, rispetto a quella positiva,cioè posta dagli uomini, mutevole e relativa ai vari Stati. 
 
                                                         
Ben più radicali sono le tesi di Trasimaco . Egli arrivò ad affermare che le leggi non sono che strumenti di cui i gruppi più forti si servono per garantire i propri interessi a scapito dei più deboli. La giustizia non sarebbe un valore universale e naturale, ma coinciderebbe con l'insieme di norme inventate dalle classi potenti per garantire i propri privilegi.

 

Ippocrate e la medicina scientifica

LA MEDICINA COME MODELLO DELLA SCIENZA
La più completa compenetrazione tra scienza e tecnica, ossia tra conoscenza teorica e sapere applicato, si riscontra nella medicina del V secolo a.C. E' proprio nella pratica medicina, infatti, che la mano e l'intelletto trovano un'integrazione, in quanto la medicina mira ad alleviare le sofferenze del paziente attraverso l'unione di conoscenza teorica e intervento concreto sulle cause del male.
L'importanza della scuola medica di Ippocrate risiede innanzitutto nel metodo seguito per la cura delle malattie. Esso consiste nell'assumere come punto di partenza l'analisi empirica, in questo caso dei particolari sintomi manifestati dal paziente, per poi procedere, attraverso l'attenta interpretazione razionale dei risultati dell'osservatore, alla definizione della terapia adeguata. In questa procedura, dunque, risulta di grande importanza la fase del riconoscimento dei segni della malattia,  che sono indizio della probabile presenza di una determinata patologia. L'approccio alla terapia è sempre di tipo probabilistico.

UNA VISIONE UNITARIA DELL'PORGANISMO DA CURARE
Il merito principale della scuola Ippocratica era quello di non perdere mai di vista la totalità del fenomeno della malattia o della salute. Sia nella fase di interpretazione dei segni della malattia sia in quella della cura, il medico doveva avere sempre presente la totalità dell'organismo del paziente e doveva tenere conto sia dell'ambiente naturale sia di quello etico-politico.
Un altro elemento importante era l'anamnesi, o ricostruzione della storia passata del paziente. Ciò supponeva un rapporto confidenziale e dialogico tra il medico e l'ammalato, specialmente in alcune malattie mentali la cui malattia consisteva soprattutto nel liberare il soggetto da paure e timori radicati. La medicina ippocratica aveva un approccio complessivo e dialogico ala malattia, cioè cercava di spiegare e di curare il singolo organo, all'interno di una visone unitaria dell'individuo, senza tralasciare il passato e il futuro (prognosi). La terapia era considerata anche come la prova della validità della diagnosi, cioè della corretta interpretazione dei sintomi. Il tutto doveva avvenire in un rapporto interpersonale sereno, in una collaborazione attiva di medico e malato contro il male.

 


Democrito

LA TEORIA DEGLI ATOMI
Anche Democrito di Abdera elabora un sistema concettuale che possiamo definire scientifico. Il problema da cui Democrito parte è lo stesso di Empedocle e Anassagora: risolvere il conflitto tra le dottrine del mutamento e quelle della permanenza. Egli lo affronta elaborando una visione materialistica dell'universo, in cui mutamento e permanenza sono tenuti insieme e conciliati.
Per Democrito gli elementi originari e fondamentali dell'universo sono gli atomi, particelle minime e indivisibili di materia di cui tutte le cose sono costituite. Aggregandosi e disgregandosi essi determinano la nascita e la morte di tutte le cose.
Gli atomi di Democrito hanno le stesse caratteristiche dell'essere i Parmenide: essi sono elementi
-semplici
-indivisibili
-ingenerati ed eterni
-uniformi
-immutabili

A differenza di Parmenide, Democrito ammette che gli atomi si aggreghino e separino variamente dando origine al mutevole spettacolo del mondo visibile.

VUOTO E MOVIMENTO
Democrito doveva riconoscere, oltre all'essere , l'esistenza del vuoto, ossia del non essere. La materia, o atomo è per lui il pieno assoluto, assolutamente impenetrabile; il vuoto è il nulla assoluto, assolutamente penetrabile , in cui gli atomi si muovono , scontrandosi e incontrandosi. L'affermazione dell'esistenza del vuoto è da considerarsi uno dei punti più originali del pensiero di Democrito.




Democrito nacque ad Abdera, in Tracia, nel 460 a.C. Fu allievo di Leucippo, filosofo di Mileto, e contemporaneo di Socrate e di Ippocrate. Per ampliare le sue conoscenze, compì lunghi viaggi in Oriente, visitando l'Egitto, l'Asia Minore e la Persia. Soggiornò anche ad Atene, dove venne in contatto ssscon la filosofia sofistica e con la dottrina socratica. Morì intorno al 307 a.C.



















Poetica, politica, etica

L'INDAGINE SPECIFICA SULLE ARTI Il tema dell'arte viene sviluppato soprattutto nella poetica, un'opera che ci è stata tramanda...