lunedì 11 giugno 2018

Poetica, politica, etica

L'INDAGINE SPECIFICA SULLE ARTI

Il tema dell'arte viene sviluppato soprattutto nella poetica, un'opera che ci è stata tramandata incompleta, scritta molto probabilmente con una finalità didattica e forse destinata a essere integrata dalle lezioni orali del filosofo. Purtroppo sono andate perdute le parti in cui Aristotele trattava della commedia, mentre possediamo l'analisi dedicata alla poesia epica e tragica. Le teorie proposte in questo trattato devono essere considerate fondamentali nel panorama della poetica occidentale.


Per Aristotele la retorica si occupa delle tecniche per provocare la persuasione e presuppone onestà, bravura e capacità argomentativa dell'oratore.
L'arte è positiva nella formazione dell'uomo perchè ha una funzione conoscitiva in quanto descrive la realtà elevandola a un grado maggiore di universalità infatti mira non al vero ma al verosimile e trascrive i fatti inserendoli in un disegno unitario, ordinato e completo, per questo è una forma di conoscenza superiore alla storia e prossima alla filosofia.Inoltre l'arte ha una funzione catartica in quanto purifica l'animo dalla passioni negative.

 
 
 
 

La logica


Negli scritti di logica, raccolti nell'Organon, Aristotele cerca di offrire un quadro organico e articolato degli elementi e delle regole che presiedono ai ragionamenti corretti.
Egli parte dalla definizione dei concetti, le unità minime dotate di significato,e dalla loro classificazione in base all'estensione (il numero degli oggetti cui si riferiscono) e all'intensione (la quantità di caratteristiche che comprendono).
In secondo luogo analizza la struttura delle proposizioni, in particolare di quelle dichiarative ( quelle cioè che dicono qualcosa della realtà); solo queste infatti rientrano nel dominio della logica, potendo essere giudicate vere o false.

Tali proposizioni sono di quattro tipi:
- universali affermative 
- universali negative 
- particolari affermative
- particolari negative 

Tra esse possono sussistere vari tipi di relazione, le più importanti delle quali sono quelle di 
contraddittorietà e contrarietà.

In terzo luogo Aristotele passa a considerare i ragionamenti veri e propri, distinguendoli in due grandi tipologie: i ragionamenti deduttivi e quelli induttivi. I primi coincidono con il sillogismo, che è un'argomentazione in cui a due premesse valide segue una conclusione necessaria. Perché un sillogismo sia vero,oltre che valido dal punto di vista formale, occorre che le premesse siano vere; in caso contrario si può avere un sillogismo valido ma falso.

Ne consegue il problema della giustificazione dei principi primi, fondamento della catena di dimostrazioni successive e quindi delle varie scienze. Aristotele lo risolve affermando che i principi primi vengono colti attraverso un atto intuitivo dell'intelletto e convalidati dalla capacità confutatoria della dialettica. 


LA FORMA DEI RAGIONAMENTI
La logica è uno degli aspetti più studiati e approfonditi nel corso dei secoli. La logica non rientra nell'ambito delle scienze teoretiche, pratiche o produttive, occupandosi della forma che devono avere i vari tipi di ragionamento di cui esse si avvalgono.
Aristotele usa il termine analitica che allude all'arte di scomporre il ragionamento nei suoi elementi costitutivi semplici, per valutarne la legittimità e correttezza. La logica studia, infatti le regole e i principi che rendono corretta l'"inferenza", ossia il passaggio in un ragionamento, da premesse conosciute e affidabili a una conclusione nuova e valida.

LE OPERE DI LOGICA
Le opere logiche di Aristotele ci sono pervenute come una raccolta ordinata di trattati, riuniti in un corpus unitario nel I secolo a.C. esso rispecchia la concezione aristotelica della logica come una materia preparatoria per lo studio delle scienze e della filosofia. Questa disciplina è lo strumento che regola l'arte di ragionare e costituisce la base su cui le scienze costruiscono i propri discorsi. La logica si può definire come lo studio della strutture del pensiero razionale, ovvero l'analisi del pensiero visto come unico mezzo per raggiungere la verità, sia nelle scienze, sia nella conoscenza ordinaria.

IL QUADRATO LOGICO


martedì 1 maggio 2018

Aristotele

LA VITA
Aristotele è uno dei massimi pensatori di tutti i tempi. Egli ha ridefinito il ruolo della conoscenza filosofica. Si formò alla scuola di Platone e fu il più importante tra gli studenti dell'Accademia. Egli trascorse vent'anni in questa scuola fino alla morte di Platone nel 347 a.c.  All'età di diciassette anni si reca ad Asso in Asia Minore, e dopo tre anni si stabilisce nell'isola di Lesbo. Sembra che in questo periodo abbia approfondito gli studi di biologia marina.  Nel 342 si trasferisce a Pella e diviene precettore del giovane Alessandro, figlio di Filippo II. Nel 355 dopo la morte di Filippo Aristotele torna ad Atene e vi fonda una propria scuola, il Liceo, in cui si dedica all'insegnamento e ha modo di approfondire le sue ricerche in tutti i campi del sapere. Alla morte di Alessandro Magno Atene si solleva contro la Macedonia e Aristotele è accusato ingiustamente di empietà a causa della vicinanza al governo macedone.  Aristotele abbandona la città e si ritira in esilio presso Calcide, dove morirà l'anno seguente.

OPERE GIOVANILI
Sulla filosofia: dedicava l'intera prima sezione a dimostrare che l'obiettivo della filosofia era stato quello di interrogarsi sul perché del mondo e dell'esistenza delle cose.
Protrettico: conteneva un invito a dedicarsi alla filosofia, cioè alla vita contemplativa.
Eudemo: dedicato a Eudemo di Cipro, amico di Aristotele, questo dialogo voleva dimostrare, alla maniera di Platone, che la vera ''patria'' dell'uomo non è in questo mondo, ma nell'altro dove si può contemplare l'essere nella sua purezza.

OPERE DELLA MATURITA'
Sono giunte fino a noi, le opere composte nella fase della maturità, quando Aristotele insegnava nel Liceo. Si tratta di saggi destinati a uso interno della scuola, e pertanto denominati "esoterici", che presentano la formula della comunicazione didattica, asciutta, sintetica e condensata, con frequenti ripetizioni e disgressioni.
 

PROGETTO FILOSOFICO
Per Aristotele c'è una rigorosa corrispondenza tra la struttura dell'essere e la sua espressione nel linguaggio delle scienze: le conoscenze sono il riflesso delle cose, e queste ultime sono rappresentate fedelmente dalle scienze, che rispecchiano l'ordine razionale del mondo. Per il filosofo il compito affidato alla filosofia è la conoscenza disinteressata della realtà che va studiata attraverso ricerche sistematiche di carattere specialistico. Un altro compito della filosofia è la ricerca del senso unitario del mondo nei discorsi specialistici delle varie discipline che nella loro autonomia rispecchiano la realtà delle cose in base alla corrispondenza tra la struttura dell'essere e la sua rappresentazione nel linguaggio scientifico.
L'obiettivo del filosofo è tracciare una mappa di tutti i saperi, una vera e propria enciclopedia in cui le varie scienze siano distinte e classificate sulla base del loro oggetto  e del loro metodo.
Aristotele suddivide le scienze in tre grandi aree:
-scienze teoretiche o conoscitive
-scienze pratiche
-scienze produttive o poietiche

LA METAFISICA
La metafisica, ossia la "filosofia prima", studia "l'essere in quanto essere", cioè la sostanza ed è dunque, la scienza universale e più nobile. Nel brano seguente Aristotele chiarisce infatti che "l'essere si dice in molti modi", ma sempre in riferimento alla sostanza che è l'individuo concreto.

LA DOMANDA SULL'ESSERE
La domanda fondamentale da cui muove è "che cos'è l'essere dell'ente?" cioè "che cos'è quell'essere che rappresenta il carattere fondamentale e comune di tutte le cose?". Il  mondo infatti è costituito da una grande varietà di enti, i quali sono accumunati dal fatto di possedere l'essere.
Un ente presenta queste categorie o determinazioni:
1. la sostanza
2. la qualità
3. la quantità
4. la relazione
5. il luogo
6. il tempo
7. l'agire
8. il patire
9. lo stato
10. la situazione
Per Aristotele però, solo la categoria della sostanza, rappresenta "l'essere dell'ente" vero e proprio; le altre costituiscono i suoi vari "modi di essere", i suoi "aspetti" particolari che Aristotele distingue dall'essere in sé, ovvero dalla sostanza.

LA SOSTANZA E LE SUE CARATTERISTICHE
La risposta di Aristotele è che la sostanza è innanzitutto l'individuo concreto, il "questo qui": questo animale, questo albero...Im particolare nelle categorie Aristotele definisce gli enti di questo tipo "sostanze prime", in quanto esistono in modo autonomo e fungono sempre e soltanto da soggetti. Queste possono essere considerate sotto una duplice prospettiva: ontologica e logica, dal punto di vista ontologico, le sostanze sono i soggetti reali cui ineriscono le varie proprietà; dal punto di vista logico, le sostanze sono i soggetti logici i quali reggono i predicati.
Secondo Aristotele l'essere non coincide con il mondo delle idee, come affermava il maestro, ma è un insieme di sostanze o enti "individuali", cioè un insieme di individui singoli dotati di varie qualità. Ognuna di queste sostanze è concepita come sinolo, cioè unione indissolubile, di forma e materia.
La forma rappresenta la natura intima di una cosa, la sua essenza o struttura immanente e necessaria, ciò che fa si che una cosa sia quella che è.
La materia è l'elemento materiale che viene plasmato dalla forma, il materiale indeterminato che solo grazie alla forma assume una configurazione particolare.

LE NOZIONI DI POTENZA E ATTO
E' grazie all'introduzione dei concetti di "forma" e di "materia" che Aristotele riesce a elaborare una soluzione al problema del "divenire", una delle questioni più ardue del pensiero filosofico. Secondo lui, quando avviene un cambiamento non si ha il passaggio dell'essere al non essere o viceversa, ma il passaggio da un tipo di essere a un altro, e quindi una trasformazione interna dell'essere. In particolare, si tratta del passaggio dell'essere in potenza della materia e quello in atto della forma.

LA FISICA, DIO E L'ANIMA

LA FISICA COME SCIENZA TEORETICA
Per Aristotele lo studio del mondo fisico è parte delle scienze teoretiche, che rappresentano il vertice a cui può giungere la conoscenza degli uomini.
La fisica aristotelica è qualitativa, nel senso che tiene conto esclusivamente delle proprietà essenziali di ogni sostanza e stabilisce una differenza qualitativa tra gli elementi, e finalistica, in quanto coglie una finalità nei singoli di processi dell'universo; essa inoltre nega ogni valore alla matematica applicata alla natura.

LA TEORIA DELLE QUATTRO CAUSE
Aristotele, procedendo con rigore analitico, giunge a elaborare una spiegazione dei fenomeni, riconoscendo all'origine di ognuno di essi quattro tipi di cause:
1. una causa materiale: la materiale di cui una cosa è fatta
2. una causa formale: ciò che fa si che una cosa sia proprio quella cosa e non un'altra
3. una causa efficiente: la forza che genera un mutamento
4. una causa finale


 

venerdì 16 marzo 2018

Platone

Platone nasce ad  Atene nel 427 a.C. da una famiglia aristocratica, che vanta la discendenza dal re Codro, l'ultimo leggendario sovrano di Atene. Compie molti viaggi, tra cui dobbiamo ricordare quelli in Sicilia, a Siracusa, nel tentativo di convincere i governanti della regione a orientare la proprio condotta politica sulla base delle idee da lui professate.
Platone è stato uno dei massimi pensatori di tutti i tempi. Egli ha elaborato la maggior parte dei temi, dei concetti e del lessico della filosofia. Visse in un periodo di profonda decadenza. Egli venne condannato a morte ingiustamente, da qui nacque una riflessione filosofica in grado di orientare la società verso il bene.
Secondo Platone la crisi sociale e politica del suo tempo è una crisi che riguarda l'intera esistenza umana. L'ingiustizia, per lui, è la scissione tra politica e saggezza. Soltanto la filosofia è in grado di condurre a nuove e solide certezze intellettuali, per poi arrivare a creare una società ordinata e giusta.
 
LA FONDAZIONE DELL'ACCADEMIA

Platone istituì l'Accademia per dare luce ad un progetto di rigenerazione spirituale dell'uomo, basato sul sapere filosofico. Il nome "Accademia" proviene dal luogo in cui essa è stata costruita, ovvero in un parco dedicato ad Accademo. A partire dal 387 tutta l'attività intellettuale e umana di Platone si concentrò all'interno della scuola, la quale costituiva un centro di ricerca scientifica. L'Accademia era un'associazione religiosa dedicata al culto delle Muse, ma soprattutto un importante luogo di studi, dotato di biblioteca, materiale didattico e scientifico. In essa si dedicavano alla ricerca anche giovani aristocratici di Atene, oltre a filosofi, matematici, scienziati. Si trattava insomma di un grande istituto di educazione superiore, in cui Platone teneva le sue lezioni, sviluppando un dibattito molto approfondito. Tra gli obbiettivi dell'Accademia c'era anche quello di orientare gli uomini verso le scelte politiche. L'ispirazione più profonda della scuola platonica è da ricercarsi nell'educazione etica e politica dei giovani, in un'epoca segnata dalla crisi dell'ideale democratico e dalla decadenza delle virtù civiche tradizionali. L'istituzione si mantenne attiva per più di Novecento anni, quando fu chiusa dall'imperatore Giustiniano.

 
LE NUOVE FORME DELLA COMUNICAZIONE FILOSOFICA: IL DIALOGO
Per Platone l'essenza della filosofia è rappresentata dal modello socratico, che si basava sull'immagine condivisa, e non ha caso la maggioranza delle sue opere ha forma dialogica.
L'indagine filosofica sia di Socrate che di Platone procede molto lentamente, ma, come Socrate, nemmeno Platone giunge ad una verità assoluta di tutte le cose.

I dialoghi platonici sono ricchi di personaggi che esprimono ognuno la propria opinione: conversano tra di loro, fanno domande e rispondono ad esse. 

A differenza dei sofisti, i dialoghi platonici raggiungono una conoscenza autentica. I personaggi sono invitati da Socrate a non esprimere idee generiche, ma a definire con attenzione i propri concetti e il proprio linguaggio.

Le caratteristiche essenziali del loro scambio verbale sono:

- gli interlocutori sono in genere persone ben identificate in numero definito ed illimitato, al   contrario dei sofisti che si rivolgevano ad un vasto numero di persone

- la finalità dei dialoghi è la ricerca della verità perseguita con metodo e vigore razionale, a differenza dei discorsi sofistici che tendevano a convincere gli interlocutori

- la procedura espositiva era composta da discorsi brevi, con domande e risposte rapide, in contrasto ai lunghi ragionamenti dei sofisti

IL RUOLO DEL MITO
Nelle sue opere Platone è in grado di mescolare benissimo le parti concettuali con quelle narrative.

Il mito platonico ha una duplice funzione:
 
- innanzitutto serve per comunicare in modo più semplice e intuitivo dottrine particolarmente difficili

- viene poi utilizzato per riferirsi a realtà che vanno al di là dell'indagine razionale a cui
l'autore crede, ma che non ha mai dimostrato attraverso la ragione filosofica

Il mito in Platone gioca sia un ruolo didattico che un ruolo filosofico. La filosofia è molto importante, in quanto serve all'autore per spiegare ad esempio l'origine dell'universo. Dove la riflessione non riesce ad arrivare, arriva in soccorso il mito.
 
IL RAPPORTO TRA LE IDEE

Platone parla di una relazione di mimesi, sostenendo che le cose imitano le idee, come ad esempio paradigmi o modelli. 
Lui parla anche di una relazione di partecipazione, nel senso che le cose sensibili partecipano in qualche modo della perfezione delle corrispettive idee nel mondo ideale
Infine lui parla di presenza delle idee nelle cose, nel senso che il mondo sensibile non è che una rivelazione o espressione visibile di quello ideale.  
 
LA CLASSIFICAZIONE DELLE IDEE
Le idee che si pone Platone si dividono in due grandi tipologie:
 
- le idee di valori morali, estetici e politici come quelle del Bene, della Bellezza e della Giustizia.
 
- le idee di enti geometrico-matematici, come il numero, il cerchio, la linea e il triangolo.
 
Esistono anche idee di oggetti naturali e di oggetti artificiali o manufatti
Nelle opere della maturità Platone giunge alla tesi che a ogni realtà sensibile deve corrispondere una forma ideale. Platone ritiene che ci sia una gerarchia di valori alla base della struttura ideale al cui vertice si colloca l'idea del Bene. Insiste anche sul fatto che le idee costituiscono un mondo ordinato a cui dobbiamo far corrispondere il nostro pensiero se vogliamo pensare in modo corretto e veritiero. Il Bene di Platone rappresenta qualcosa di "divino", come le stelle, gli astri e l'anima, e soprattutto non crea le idee, che sono eterne, trasmettendo loro la sua perfezione.
Il Bene è come il sole, la cui luce permette di vedere tutte le cose, e costituisce l'armonia e la ragion d'essere del tutto, quello che dà valore a tutte le altre cose.

LA DIALETTICA
La dialettica è uno dei principali metodi argomentativi della filosofia. Essa consiste nell'interazione tra due tesi o princìpi contrapposti (simbolicamente rappresentati nei dialoghi platonici da due personaggi reali) ed è usata come strumento di indagine della verità.
L'etimologia deriva dai termini della lingua greca antica dià-legein (cioè «parlare attraverso», ma anche «raccogliere») + tèchne, ovvero "arte" del dialogare, e del riunire insieme.
Platone è generalmente considerato il padre della dialettica. Per Platone, essa è lo strumento per eccellenza della filosofia, essendo la via privilegiata per risalire dal molteplice all'unità dell'Idea, che è l'origine e meta finale della conoscenza.
Platone interpreta la dialettica, come riflessione sociale, svolta dal filosofo nel dialogo con altri personaggi; e la identifica con la filosofia stessa intesa come espressione dell’eros, che è il desiderio bramoso del sapere. Il meccanismo dialogico consiste nell'opera maieutica di un conduttore che pilota la discussione, e concede dapprima spazio alla tesi meno probabile per farla poi confutare, lasciando emergere a poco a poco quella giusta e portatrice di verità.
Per comprendere la dialettica, occorre premettere che le idee, secondo Platone, sono strutturate gerarchicamente, da un minimo fino a un massimo di “essere”; in cima a tutte sta l'idea suprema del Bene. Proprio questa gerarchia permette la conoscenza, perché è il raffronto dialettico tra realtà di diverso livello, tra ciò che sta in alto (essere) e ciò che sta in basso (non essere) a rendere possibile il sapere.

IL MITO DEL CARRO ALATO
Socrate si trova appena fuori dalle mura di Atene. È sdraiato all’ombra di un platano, sulla riva del fiume Ilisso, per trovare ristoro dal caldo estivo. Lì, sopraggiunge Fedro, un giovane poeta ateniese. I due iniziano a parlare dell’amicizia  e il discorso tocca il tema dell’immortalità dell’anima.
È a questo punto che Socrate immagina l’anima umana come una biga trainata da due cavalli e condotta da un solo auriga. L'auriga, cioè la ragione, aiutato dal cavallo buono, combatte una terribile lotta per sottomettere il cavallo cattivo e condurre in tal modo il carro sulla giusta strada, cioè verso la meta soprasensibile dell'iperuranio. Si tratta di una metafora che esprime bene la condizione umana, la quale si presenta agli occhi di Platone come caratterizzata dall'incessante lotta tra pulsioni e desideri contrapposti: il desiderio carnale, le emozioni nobili, la ragione.

LA VIRTU' E I VALORI
Secondo Platone ci sono quattro virtù fondamentali:

  1. Poiché in una città (pòlis) non tutti possono possedere tutte le virtù, né, dunque, governare razionalmente le proprie anime, la cosa migliore è che i pochi che sono stati educati a coltivare tutte le virtù governino non solo se stessi, ma anche lo Stato (poiché hanno per fine il bene comune, la saggezza di riconoscerlo e di individuare i mezzi per perseguirlo, il coraggio di farlo e il pieno controllo dei propri desideri, la temperanza). Costoro, secondo Platone, sono i veri filosofi (amanti della saggezza).
  2. Chi è privo di sufficiente saggezza ma obbedisce docilmente ai governanti, possiede coraggio ed è pronto dare la propria vita per il bene comune può svolgere la funzione di custode (soldato, gendarme ecc.).
  3. Tutti gli altri possono svolgere attività economicamente utili (lavorare la terra o produrre manufatti) a condizione che abbiano abbastanza paura di possibili punizioni (da parte dei custodi) da esercitare sufficiente temperanza (ossia controllo) nei confronti dei propri desideri (dell’anima concupiscibile). Costoro possono bensì cercare di soddisfare i propri desideri, poiché a questo fine devono lavorare (rendendosi utili allo Stato) per guadagnare il denaro utile allo scopo, ma entri i limiti fissati dalle leggi dello Stato.
  4. In tutti è bene che sia diffuso un sufficiente senso di giustizia affinché ciascuna anima sia contenuta nei limiti corretti al servizio del bene comune.
IL MITO DELLA CAVERNA
Si può immaginare che vi siano degli schiavi incatenati in una caverna sotterranea che sono costretti a guardare solo davanti a loro. Sul fondo della caverna gli schiavi guardano le ombre delle statuette che sono portate da dietro un muro da alcune persone; le statuette fanno la loro ombre sul fondo della caverna grazie ad un fuoco che le illumina.
I prigionieri ovviamente scambiano quelle ombre per la sola realtà esistente.
Ma se un prigioniero si liberasse dalle catene, girandosi vedrebbe le statuette e così capirebbe che son o le statuette la realtà e non le ombre.
Ma se riuscisse ad uscire dalla caverna lo schiavo capirebbe che la vera realtà non sono nemmeno le statuette ma la realtà che vede fuori la caverna.
All'inizio lo schiavo, abbagliato dalla luce non riuscirà a vedere bene gli oggetti e li vedrà riflessi nelle acque.
Poi finalmente riuscirà a vedere la luce del sole e la realtà. Dopo di ciò lo schiavo vorrebbe dire quello che ha visto ai  suoi amici prigionieri ma si rende conto che se tornasse nella caverna, a causa dell'oscurità, lui non riuscirebbe a vedere neanche le ombre e così nessuno alla fine gli crederebbe in quanto direbbero che ha gli occhi guasti. Infatti alla fine, infastiditi dal suo tentativo di liberarlo, lo ucciderebbero.


IL RACCONTO DEL TIMEO
Nel "Timeo", Platone ci spiega come sia stato generato il mondo sensibile. Nel testo, si possono riscontrare tre parti: Nella prima, Timeo spiega che la realtà si distingue in ciò che è eterno e in ciò che è generato e sottoposto al divenire. Il mondo è generato dal Demiurgo, una sorta di artefice, sulla base di modelli eterni e ideali (le Idee). Continua poi, dopo averci detto che il mondo è bello perché il suo Creatore è il Bello supremo, spiegando come il questo - il Demiurgo - crei il cosmo e di come affidi agli astri il compito di produrre i mortali. Nella seconda si parla del principio materiale di cui è costituito il cosmo, una sostanza informe, ma in grado di essere plasmata, della formazione degli elementi e dei caratteri sensibili. Nell'ultima parte vengono descritte la natura dell'uomo, le malattie, la genesi della donna, degli animali e la trasmigrazione delle anime (o metempsicosi). In conclusione, il Demiurgo crea il mondo, mosso da bontà, trasformando la materia caotica (physis) in cosmo (kosmos = ordine) e la sua figura viene assunta come modello da parte degli uomini: essi infatti dovrebbero cercare di trasformare il disordine in ordine.

sabato 27 gennaio 2018

Socrate e la cultura del dialogo

Socrate si distingue dagli altri per una particolare attenzione dei valori dell'interiorità e della ricerca della verità.

IL CONTESTO IN CUI VIVE E OPERA SOCRATE
Socrate opera e vive in un clima difficile, il quale da un lato si propone di combattere le posizioni relativiste della sofistica, dall'altro deve subire l'ostilità delle classi conservatrici che assimilavano in modo superficiale la sofistica, nei suoi aspetti più negativi, alla filosofia in generale.
Un esempio di tale differenza verso la filosofia è fornito dalla commedia Le nuvole di Aristofane, in cui Socrate è rappresentato come un personaggio strano, dedito a inutili ricerche di carattere naturalistico, che filosofeggia alla maniera dei sofisti di ultima generazione. Alla fine della commedia, un cliente deluso, in quanto non ha appreso da Socrate né nuove conoscenze né una nuova arte, incendia il pensatoio (ossia si libera dei filosofi). Questa scena ci fa capire il dramma di Socrate, l'uomo giusto e saggio, che nel 339 a.C sarà condannato a morte dal tribunale di Atene. Per nessun'altra personalità filosofica possiamo parlare di una così totale compenetrazione tra pensiero e vita, tra filosofia e azione, tra privato e pubblico; è questa coincidenza che fa di Socrate il filosofo per eccellenza.

UNA FIGURA STRAORDINARIA
Socrate non scrisse nulla, egli preferiva il contatto immediato con le persone, in particolare i giovani.
Sulla sua figura e sul suo pensiero abbiamo molte testimonianze indirette, tra cui spicca quella di Platone, che fu suo discepolo e può considerarsi il più attendibile interprete del pensiero del maestro. Socrate è anche il protagonista di altri scritti, detti Discorsi socratici, composti da vari suoi seguaci come Eschine, Anistene, Senofonte. Ci sono inoltre pervenute, brevi considerazioni nella Metafisica di Aristotele.  
Fisicamente Socrate non doveva essere un bell'uomo: era basso, con la pancia grossa, gli occhi fissi e sporgenti, ma aveva un animo eccezionalmente bello e nobile, coraggioso e forte. Mostrerà questo coraggio di fronte ai suoi accusatori nel processo in cui sarà condannato a morte, scegliendo di sacrificare la propria vita piuttosto che ribellarsi alle leggi della città.

IL PROCESSO E LA CONDANNA DI SOCRATE
Socrate fu processato e condannato a mote nel 399 a. C. ad Atene, poiché era visto come un elemento destabilizzante per i nuovi equilibri politici di quel tempo.
Egli fu accusato e riconosciuto colpevole di non onorare gli dei della sua città, e di aver addirittura inventato nuove divinità, e di aver corrotto i giovani. Tali accuse erano una scusa poiché in Grecia era tollerato non credere in nessuna divinità. Tutto questo era perché il nuovo governo lo temeva.
Socrate metteva in dubbio ogni cosa: si chiedeva "perché?" di ogni cosa, per questo avrebbe potuto cambiare nuovamente il sistema politico appena adottato.

Inoltre Socrate non fu condannato da un gruppo ristretto di persone, ma dalla maggioranza di una giuria popolare composta di cinquecento persone.

LA MORTE COME EMBLEMA DI COERENZA
La morte fu il sigillo estremo della grandezza spirituale di Socrate.
la condanna fu eseguita soltanto dopo un mese, perché il giorno precedente la data stabilita per l'esecuzione era partita la nave per le feste di Delo e nessuna sentenza capitale poteva essere eseguita finché la nave non fosse tornata. Egli trascorse serenamente in carcere quel periodo di attesa, conversando con gli amici, rifiutandosi di evadere, secondo il suggerimento di Critone, un suo affezionato discepolo, il quale avrebbe potuto corrompere il carceriere. L'ultimo giorno, bevve con serenità la cicuta.
La morte di Socrate può essere interpretata come l'atto conclusivo e il drammatico coronamento di un'esistenza vissuta all'insegna del rigore morale e del perfezionamento interiore.

UNA VITA DEDICATA ALLA RICERCA
Socrate inizia la sua ricerca recandosi presso gli uomini che avevano fama di grande sapienza.  Andò inizialmente da un importante uomo politico che, pur ritenendosi molto saggio, si rivelò essere totalmente il contrario. Ebbe diverse conversazioni anche con altre "persone importanti", o che almeno si ritenevano tali, e capì che ognuno di loro conosceva molto sulla propria arte, ma nulla sul resto del mondo.
Socrate è il più saggio perché sa di non sapere.
Socrate è stato condannato anche perché costringe gli uomini a dubitare di loro stessi e della loro sapienza.


LA NECESSITA' DI DEFINIRE I TERMINI
Chiunque entrasse in contatto e in amicizia con Socrate, sentendolo parlare, veniva influenzato tantissimo dal suo modo di pensare. Egli  dunque metteva in crisi coloro con cui dialogava, insinuando in loro il dubbio. In particolare lui insegnava a non accettare mai idee o giudizi senza conoscere fino in fondo il loro significato.
Ai suoi interlocutori, Socrate poneva la stessa domanda: "Tu parli del bene della città, del rispetto dei genitori, della santità, della religione, della virtù, del coraggio, ecc. Ma ti sei mai chiesto che cosa sono il bene, il rispetto, la santità, la religione, la virtù, il coraggio, ecc.?"
Socrate non arrivò a formulare concetti universali, né fu in grado di fornire la definizione di bene o di virtù.
Il suo intento fu da un lato quello di dimostrare che coloro che si credevano sapienti, in realtà non lo erano affatto, in quanto non conoscevano in profondità ciò di cui parlavano, dall'altro quello di pervenire a una definizione soddisfacente dell'argomento trattato, che consentisse un accordo linguistico e concettuale tra gli interlocutori.

IL METODO SOCRATICO
Il metodo adottato da Socrate si componeva di due momenti fondamentali:
- critico e "negativo", l'ironia 
- costruttivo e "positivo", la maieutica

Socrate non poteva proporre nuove conoscenze dal momento che non era esperto in nulla (sapeva di non sapere). Egli doveva esaminare e mettere alla prova i giovani, per capire se le loro intelligenze fossero valide o meno
Socrate aveva un dialogo con diverse persone dette "amici", fatto di domande e risposte brevi. Era necessario che ci fosse fiducia reciproca.


IRONIA
Dialogando con i suoi interlocutori, Socrate chiedeva loro di puntarsi su un particolare tema (esempio: coraggio, bene) e mostrava in primo luogo di accettare il loro discorso valido. Egli dichiarava di non conoscere l'argomento in questione. Pian piano risultava chiaro che anche l'interlocutore non sapeva realmente cosa fosse ciò di cui si parlava.
Ecco che la "maschera" dell'ignoranza si rivelava lo strumento più efficace per mettere a nudo l'ignoranza altrui.

MAIEUTICA
In questo momento, Socrate voleva far capire quanto fosse importante ricercare la verità, senza fermarsi ad una conoscenza superficiale.
Egli aiutava a partorire le idee, da questo il nome maieutica, arte della levatrice.
 


lunedì 8 gennaio 2018

Primavera, estate, aututnno, inverno....e ancora primavera

Il film è ambientato in un eremo buddista al centro di un lago in una foresta incontaminata, e racconta la vita di un monaco buddista attraverso le stagioni della sua vita.

PRIMAVERA
La storia comincia con la presenza di un anziano monaco e del suo giovanissimo discepolo e novizio, che vivono in un eremo galleggiante al centro di un laghetto. Il novizio è il protagonista del film. Durante la "primavera" della sua esistenza, il giovane novizio scopre l'importanza e il rispetto della vita, grazie soprattutto alla rigida educazione impostagli dal suo maestro. Infatti questo, per punire il bambino per il suo atteggiamento violento e cinico nei confronti di alcuni animali del bosco, lo punisce infliggendogli la stessa pena. In questa parte del film, nell'eremo è presente un cane.



ESTATE
La vita del giovane monaco, divenuto ormai un adolescente, viene stravolta dall'arrivo nell'eremo di una donna con sua figlia, anche lei adolescente ma malata. Alla richiesta della madre, il vecchio monaco accondiscende a che la ragazza resti nel monastero per poter curare il suo male, anche se il maestro ritiene che il problema non sia fisico, bensì interiore. La presenza della ragazza turba profondamente il giovane monaco, al punto che i due cederanno alle loro tentazioni, apparentemente all'insaputa del vecchio monaco. Il giovane monaco, innamorato della ragazza ormai guarita e partita per tornare nel mondo "reale", scapperà dall'eremo per poterla raggiungere. In questa "stagione", nell'eremo è presente un gallo.


AUTUNNO
Il vecchio monaco continua la sua vita solitaria nell'eremo e, per caso, scopre su una pagina di giornale che un trentenne è in fuga dopo aver ucciso sua moglie per gelosia. Il fuggitivo è proprio il giovane monaco, che si rifugia nell'eremo presso il suo maestro, e dove tenta anche il suicidio ma è prontamente fermato dal vecchio. In questa parte del film, nell'eremo è presente un gatto bianco. Per aiutare a ritrovare la pace interiore, il vecchio monaco assegna al giovane un lavoro di grande calma e meticolosità: incidere nel legno del basamento del tempio l'intero testo cinese del Sutra del Cuore della Perfezione della Saggezza, che egli stesso dipinge sul legno usando la punta della coda del gatto come pennello. Intanto, però, due poliziotti riescono a scovare il giovane omicida ma accettano, su richiesta del maestro, di portarlo via solo a lavoro concluso. L'indomani mattina il giovane termina il lavoro e parte con i due poliziotti. Tempo dopo il vecchio monaco, ormai invecchiato e debole, decide di mettere fine alla sua vita, consapevole di aver adempiuto al suo compito, dandosi fuoco su una pira funebre nella sua barca al centro del lago. Dalla barca esce un serpente, che entra nell'eremo.

INVERNO
Ormai divenuto un uomo maturo, il discepolo del defunto maestro torna all'eremo, dove tutto è ghiacciato per il freddo, con il serpente lì ad aspettare. Dopo aver scoperto la fine del proprio maestro, il monaco comincia ad esercitarsi nelle arti marziali. Ma la sua vita cambia quando una giovane donna lascerà nel convento alle attenzioni del monaco, il suo piccolissimo figlio. Questa mentre cerca di allontanarsi nel cuore della notte, cade in un buco nel lago ghiacciato che il monaco aveva scavato in precedenza per estrarre l'acqua per bere e lavarsi, e finisce annegata. Il giorno successivo il monaco ritrova il suo cadavere, e reagisce legando al suo corpo la grande pietra circolare del monastero e si arrampica sulla sommità della montagna circostante più elevata portando un'altra statua, che dispone lì, rivolta verso il lago.

...E ANCORA PRIMAVERA
Il ciclo della vita riprende: il monaco si prenderà cura del bambino, che intanto è cresciuto, così come il vecchio defunto monaco aveva fatto tempo addietro con lui. Stavolta nell'eremo è presente una tartaruga.



Analizzando un po' più approfonditamente, si avverte che gli avvenimenti violenti ricorrono, e sono alla base dei grandi cambiamenti di vita del protagonista. Tutto questo fa pensare. Soprattutto perché inserito in un contesto di estrema pace e natura. Un altro aspetto che mi ha colpito è il fatto che i dialoghi sono ridotti al minimo e non sono realmente necessari per comprendere il senso delle immagini, quindi sono preponderanti i suoni del mondo naturale del film e il silenzio interiore dello spettatore, assorto da una realtà meditativa, lontana dalla “vita mondana” che appesantiscono il giovane uomo ritornato dal vecchio monaco che l’ha cresciuto.

giovedì 4 gennaio 2018

I sofisti

I sofisti possono essere considerati i primi insegnanti a pagamento della storia. Con i sofisti l'esercizio del sapere, inteso come bagaglio culturale indispensabile per emergere nella contesa politica, diventa un mestiere, un lavoro a pagamento che essi esercitavano spostandosi da un luogo all'altro in cerca di discepoli, circostanza che consente loro di acquisire una mentalità aperta e cosmopolita, rendendoli consapevoli della molteplicità dei costumi e delle credenze della varie civiltà.
Il termine "sofista", che nell'antichità significava letteralmente "sapientissimo", nel linguaggio odierno evoca qualcosa di artificioso. Nel significato di questo termine sembrano essere confluite quelle connotazioni negative che al movimento sofistico erano state attribuite dai filosofi posteriori, ad esempio da Platone e da Aristotele.
 
PROGETTO EDUCATIVO DEI SOFISTI
I sofisti si muovono nel fecondo contesto culturale dell'Atene del V secolo; un ambiente antitradizionalista e critico, aperto alla discussione e al dibattito, di cui essi si fanno interpreti esemplari esprimendo un'inedita libertà di spirito e un'attitudine a utilizzare in modo spregiudicato la ragione in tutti gli ambiti. Il loro fine principale è quello del sapere, inteso come unico fondamento della virtù. Una virtù adatta al nuovo clima culturale e al nuovo ambiente cittadino caratterizzato dalla democrazia. La nuova virtù coincideva essenzialmente con la capacità di vivere in società, di saper partecipare ai pubblici dibattiti, di essere in grado di convincere gli altri della propria idea, di assumere decisioni rapide e condivisibili . Una virtù, che da una parte comportava il confronto civile e politico e, dall'altra, la padronanza ampia e sicura del linguaggio e della parola. I sofisti si dedicano pertanto a formare i giovani per renderli adatti alle nuove esigenze della vita sociale, mirando a offrire loro un sapere che abbia un risvolto pratico e operativo, cioè orientato al successo e alla riuscita individuale, si impegnano ad addestrarli nella complessa  "arte politica".
 
PROTAGORA
L'uomo come criterio di giudizio della realtà
Protagora è il pensatore più originale del movimento, famoso in tutta la Grecia per la sua straordinaria eloquenza. A lui la tradizione attribuisce la celebre affermazione secondo la quale "L'uomo è misura di tutte le cose, delle cose che sono in quanto sono, delle cose che non sono in quanto non sono".
In primo luogo, "uomo" può essere inteso come l'individuo singolo e, dunque, l'affermazione significherebbe che le cose appaiono diverse a seconda dei punti di vista soggettivi. In secondo luogo, il termine "uomo" può essere interpretato come "umanità", "genere umano", e dunque Protagora si riferirebbe al fatto che la percezione e la valutazione della realtà dipendono dalla particolare conformazione mentale degli uomini. L'ultima prospettiva è quella che attribuisce al termine "uomo" il significato di "civiltà" o "popolo", e pertanto equivale a una forma di relativismo culturale, secondo cui le cose sono valutate in modo diverso a seconda delle abitudini e delle convinzioni della comunità a cui gli uomini appartengono. Ciò che emerge dal frammento protagoreo è dunque una visione relativistica: non esiste una verità assoluta. Allo stesso modo, non vi è una legge naturale e universale che stabilisca che cos'è giusto e che cos'è  ingiusto, che cos'è  bene e che cos'è male. Il relativismo di Protagora riconduce tutte le conoscenze al contesto umano, sociale e culturale in cui si sono formate. Da questo punto di vista la sua concessione può essere considerata come una forma di "umanismo", in quanto l'uomo è sempre criterio o punto di riferimento di ogni giudiziosulla realtà.
 
IL POTERE DELLA PARPOLA
Il criterio di giudizio secondo Protagora è rappresentato dall'utile, inteso come ciò che ci concorda essere il bene del singolo e della comunità. In tale ottica la parola assume  un ruolo di fondamentale importanza come strumento per raggiungere il consenso. Grazie ad essa è possibile confrontare le varie posizioni in campo e dialogare per raggiungere una prospettiva condivisa.
Coloro che possiedono gli strumenti logici ed espressivi più efficaci possono convincere gli altri della validità delle proprie posizioni. Protagora afferma di proseguire l'utilità comune,cui indirizza l'insegnamento della retorica, cioè l'arte di persuadere l'uditorio mediante un linguaggio chiaro,semplice e convincente. Il metodo protagoreo o metodo dell'antilogia si fonda sul presupposto che su ogni cosa sia sempre possibile addurre argomenti a favore e contrari.

LA POLITICA COME "TECNICA DI TUTTE LE TECNICHE"

Il sofista di Abdera, Democrito, delinea una particolare tesi dello sviluppo della civiltà, inteso come un progresso costante dovuto alle tecniche, grazie a cui l'uomo trasforma l'ambiente naturale sottomettendolo ai propri bisogni. Le tecniche, tuttavia, non basterebbero da sole a garantire la sopravvivenza del genere umano se non si fosse sviluppata anche "la tecnica di tutte le tecniche", cioè la politica. Come si legge nel mito di prometeo narrato nel dialogo, tale tecnica deve essere posseduta indifferentemente da tutti gli uomini.

 
 
GORGIA
 

LA FRATTURA TRA IL LINGUAGGIO E LE COSE
Con Gorgia il linguaggio non si identifica più, come aveva detto Parmenide,con l'essere, tra il linguaggio e le cose si pone un insanabile frattura.
Il sofista siciliano Gorgia sostiene che il discorso è tutto. Di qui l'elogio della parola come forza conquistatrice. Scrive Gorgia:
La parola e una potente signora, che pur dotata di un corpo piccolissimo e invisibile compie le opere più divine. 
Secondo questo sofista non esiste nulla di oggettivo, se anche le cose esistessero, non sarebbe possibile, per l'uomo, né pensarle,né conoscerle, né comprenderle. Se anche fossero conoscibili non potrebbero essere comunicabili agli altri, perché il mezzo di comunicazione è la parola, la quale non può mai identificarsi con la realtà.
L'essere non esiste perché la sua esistenza implicherebbe una serie di contraddizioni logiche,come dimostra il fatto che le opposte tesi dei filosofi naturalisti si annullano reciprocamente.
Se anche esistesse non potremmo conoscerlo, perché il pensiero non rispecchia la realtà, come sta a dimostrare il fatto che possiamo pensare cose inesistenti.
Se anche fosse conosciuto non potrebbe essere comunicato attraverso le parole, che hanno una natura diversa rispetto alle cose.
Egli, dunque, riconosce che è impossibile affermare una verità assoluta intorno all'essere, perché l'uomo non possiede strumenti conoscitivi ed espressivi adeguati. La credibilità delle affermazioni viene ancorata alla forza persuasiva delle parole e non più a una presunta verità riconoscibile e condivisibile da tutti. Il linguaggio è un gioco, che affascina e conquista, è una forza ammaliatrice che permette di dominare e influenzare i sentimenti degli uomini. 
Per Gorgia l'esistenza è irrazionale e misteriosa e gli uomini non sono liberi ne responsabili, ma soggiogati da forze ignote e incontrollabili. 


GLI SVILPUPPI DELLA SOFISTICA
 Prodico e l'arte dei sinonimi:

Con Gorgia la sofistica raggiunge i suoi esiti estremi, in quanto perviene a una visione nichilistica, che non solo nega la possibilità di conoscere la realtà in modo oggettivo e universale, ma non ammette neppure che ci possano essere conoscenze e discorsi utili e condivisi all'interno di una comunità di uomini.


Prodico di Ceo, oratore politico ed educatore ebbe un interesse particolare per l'etimologia delle parole.
Riteneva, infatti, che le parole avessero un origine convenzionale, cioè che nascessero da un accordo dei popoli sui nomi da attribuire alle cose, e che attraverso l'indagine della loro storia si potesse ricostruire la civiltà delle varie comunità umane. Egli sviluppò anche una sottile e raffinata arte dei sinonimi, con cui classificò le molteplici sfumature dei differenti vocaboli aventi il medesimo significato allo scopo di evidenziare l'esistenza di una connessione tra il nome e la cosa.

 
 
 
IPPIA, ANTIFONTEE TRASIMACO: IL TEMA DELLE LEGGI
Vi e un altro ambito di riflessione che risulta essere tipico della sofistica, quello dell'origine delle leggi, della loro validità e della loro continuità. Interessanti ,a questo proposito, sono le soluzioni di Ippia e di Antifonte. Essi teorizzano la superiorità della legge di natura, immutabile e uguale per tutti in ogni paese, rispetto a quella positiva,cioè posta dagli uomini, mutevole e relativa ai vari Stati. 
 
                                                         
Ben più radicali sono le tesi di Trasimaco . Egli arrivò ad affermare che le leggi non sono che strumenti di cui i gruppi più forti si servono per garantire i propri interessi a scapito dei più deboli. La giustizia non sarebbe un valore universale e naturale, ma coinciderebbe con l'insieme di norme inventate dalle classi potenti per garantire i propri privilegi.

 

Poetica, politica, etica

L'INDAGINE SPECIFICA SULLE ARTI Il tema dell'arte viene sviluppato soprattutto nella poetica, un'opera che ci è stata tramanda...