venerdì 16 marzo 2018

Platone

Platone nasce ad  Atene nel 427 a.C. da una famiglia aristocratica, che vanta la discendenza dal re Codro, l'ultimo leggendario sovrano di Atene. Compie molti viaggi, tra cui dobbiamo ricordare quelli in Sicilia, a Siracusa, nel tentativo di convincere i governanti della regione a orientare la proprio condotta politica sulla base delle idee da lui professate.
Platone è stato uno dei massimi pensatori di tutti i tempi. Egli ha elaborato la maggior parte dei temi, dei concetti e del lessico della filosofia. Visse in un periodo di profonda decadenza. Egli venne condannato a morte ingiustamente, da qui nacque una riflessione filosofica in grado di orientare la società verso il bene.
Secondo Platone la crisi sociale e politica del suo tempo è una crisi che riguarda l'intera esistenza umana. L'ingiustizia, per lui, è la scissione tra politica e saggezza. Soltanto la filosofia è in grado di condurre a nuove e solide certezze intellettuali, per poi arrivare a creare una società ordinata e giusta.
 
LA FONDAZIONE DELL'ACCADEMIA

Platone istituì l'Accademia per dare luce ad un progetto di rigenerazione spirituale dell'uomo, basato sul sapere filosofico. Il nome "Accademia" proviene dal luogo in cui essa è stata costruita, ovvero in un parco dedicato ad Accademo. A partire dal 387 tutta l'attività intellettuale e umana di Platone si concentrò all'interno della scuola, la quale costituiva un centro di ricerca scientifica. L'Accademia era un'associazione religiosa dedicata al culto delle Muse, ma soprattutto un importante luogo di studi, dotato di biblioteca, materiale didattico e scientifico. In essa si dedicavano alla ricerca anche giovani aristocratici di Atene, oltre a filosofi, matematici, scienziati. Si trattava insomma di un grande istituto di educazione superiore, in cui Platone teneva le sue lezioni, sviluppando un dibattito molto approfondito. Tra gli obbiettivi dell'Accademia c'era anche quello di orientare gli uomini verso le scelte politiche. L'ispirazione più profonda della scuola platonica è da ricercarsi nell'educazione etica e politica dei giovani, in un'epoca segnata dalla crisi dell'ideale democratico e dalla decadenza delle virtù civiche tradizionali. L'istituzione si mantenne attiva per più di Novecento anni, quando fu chiusa dall'imperatore Giustiniano.

 
LE NUOVE FORME DELLA COMUNICAZIONE FILOSOFICA: IL DIALOGO
Per Platone l'essenza della filosofia è rappresentata dal modello socratico, che si basava sull'immagine condivisa, e non ha caso la maggioranza delle sue opere ha forma dialogica.
L'indagine filosofica sia di Socrate che di Platone procede molto lentamente, ma, come Socrate, nemmeno Platone giunge ad una verità assoluta di tutte le cose.

I dialoghi platonici sono ricchi di personaggi che esprimono ognuno la propria opinione: conversano tra di loro, fanno domande e rispondono ad esse. 

A differenza dei sofisti, i dialoghi platonici raggiungono una conoscenza autentica. I personaggi sono invitati da Socrate a non esprimere idee generiche, ma a definire con attenzione i propri concetti e il proprio linguaggio.

Le caratteristiche essenziali del loro scambio verbale sono:

- gli interlocutori sono in genere persone ben identificate in numero definito ed illimitato, al   contrario dei sofisti che si rivolgevano ad un vasto numero di persone

- la finalità dei dialoghi è la ricerca della verità perseguita con metodo e vigore razionale, a differenza dei discorsi sofistici che tendevano a convincere gli interlocutori

- la procedura espositiva era composta da discorsi brevi, con domande e risposte rapide, in contrasto ai lunghi ragionamenti dei sofisti

IL RUOLO DEL MITO
Nelle sue opere Platone è in grado di mescolare benissimo le parti concettuali con quelle narrative.

Il mito platonico ha una duplice funzione:
 
- innanzitutto serve per comunicare in modo più semplice e intuitivo dottrine particolarmente difficili

- viene poi utilizzato per riferirsi a realtà che vanno al di là dell'indagine razionale a cui
l'autore crede, ma che non ha mai dimostrato attraverso la ragione filosofica

Il mito in Platone gioca sia un ruolo didattico che un ruolo filosofico. La filosofia è molto importante, in quanto serve all'autore per spiegare ad esempio l'origine dell'universo. Dove la riflessione non riesce ad arrivare, arriva in soccorso il mito.
 
IL RAPPORTO TRA LE IDEE

Platone parla di una relazione di mimesi, sostenendo che le cose imitano le idee, come ad esempio paradigmi o modelli. 
Lui parla anche di una relazione di partecipazione, nel senso che le cose sensibili partecipano in qualche modo della perfezione delle corrispettive idee nel mondo ideale
Infine lui parla di presenza delle idee nelle cose, nel senso che il mondo sensibile non è che una rivelazione o espressione visibile di quello ideale.  
 
LA CLASSIFICAZIONE DELLE IDEE
Le idee che si pone Platone si dividono in due grandi tipologie:
 
- le idee di valori morali, estetici e politici come quelle del Bene, della Bellezza e della Giustizia.
 
- le idee di enti geometrico-matematici, come il numero, il cerchio, la linea e il triangolo.
 
Esistono anche idee di oggetti naturali e di oggetti artificiali o manufatti
Nelle opere della maturità Platone giunge alla tesi che a ogni realtà sensibile deve corrispondere una forma ideale. Platone ritiene che ci sia una gerarchia di valori alla base della struttura ideale al cui vertice si colloca l'idea del Bene. Insiste anche sul fatto che le idee costituiscono un mondo ordinato a cui dobbiamo far corrispondere il nostro pensiero se vogliamo pensare in modo corretto e veritiero. Il Bene di Platone rappresenta qualcosa di "divino", come le stelle, gli astri e l'anima, e soprattutto non crea le idee, che sono eterne, trasmettendo loro la sua perfezione.
Il Bene è come il sole, la cui luce permette di vedere tutte le cose, e costituisce l'armonia e la ragion d'essere del tutto, quello che dà valore a tutte le altre cose.

LA DIALETTICA
La dialettica è uno dei principali metodi argomentativi della filosofia. Essa consiste nell'interazione tra due tesi o princìpi contrapposti (simbolicamente rappresentati nei dialoghi platonici da due personaggi reali) ed è usata come strumento di indagine della verità.
L'etimologia deriva dai termini della lingua greca antica dià-legein (cioè «parlare attraverso», ma anche «raccogliere») + tèchne, ovvero "arte" del dialogare, e del riunire insieme.
Platone è generalmente considerato il padre della dialettica. Per Platone, essa è lo strumento per eccellenza della filosofia, essendo la via privilegiata per risalire dal molteplice all'unità dell'Idea, che è l'origine e meta finale della conoscenza.
Platone interpreta la dialettica, come riflessione sociale, svolta dal filosofo nel dialogo con altri personaggi; e la identifica con la filosofia stessa intesa come espressione dell’eros, che è il desiderio bramoso del sapere. Il meccanismo dialogico consiste nell'opera maieutica di un conduttore che pilota la discussione, e concede dapprima spazio alla tesi meno probabile per farla poi confutare, lasciando emergere a poco a poco quella giusta e portatrice di verità.
Per comprendere la dialettica, occorre premettere che le idee, secondo Platone, sono strutturate gerarchicamente, da un minimo fino a un massimo di “essere”; in cima a tutte sta l'idea suprema del Bene. Proprio questa gerarchia permette la conoscenza, perché è il raffronto dialettico tra realtà di diverso livello, tra ciò che sta in alto (essere) e ciò che sta in basso (non essere) a rendere possibile il sapere.

IL MITO DEL CARRO ALATO
Socrate si trova appena fuori dalle mura di Atene. È sdraiato all’ombra di un platano, sulla riva del fiume Ilisso, per trovare ristoro dal caldo estivo. Lì, sopraggiunge Fedro, un giovane poeta ateniese. I due iniziano a parlare dell’amicizia  e il discorso tocca il tema dell’immortalità dell’anima.
È a questo punto che Socrate immagina l’anima umana come una biga trainata da due cavalli e condotta da un solo auriga. L'auriga, cioè la ragione, aiutato dal cavallo buono, combatte una terribile lotta per sottomettere il cavallo cattivo e condurre in tal modo il carro sulla giusta strada, cioè verso la meta soprasensibile dell'iperuranio. Si tratta di una metafora che esprime bene la condizione umana, la quale si presenta agli occhi di Platone come caratterizzata dall'incessante lotta tra pulsioni e desideri contrapposti: il desiderio carnale, le emozioni nobili, la ragione.

LA VIRTU' E I VALORI
Secondo Platone ci sono quattro virtù fondamentali:

  1. Poiché in una città (pòlis) non tutti possono possedere tutte le virtù, né, dunque, governare razionalmente le proprie anime, la cosa migliore è che i pochi che sono stati educati a coltivare tutte le virtù governino non solo se stessi, ma anche lo Stato (poiché hanno per fine il bene comune, la saggezza di riconoscerlo e di individuare i mezzi per perseguirlo, il coraggio di farlo e il pieno controllo dei propri desideri, la temperanza). Costoro, secondo Platone, sono i veri filosofi (amanti della saggezza).
  2. Chi è privo di sufficiente saggezza ma obbedisce docilmente ai governanti, possiede coraggio ed è pronto dare la propria vita per il bene comune può svolgere la funzione di custode (soldato, gendarme ecc.).
  3. Tutti gli altri possono svolgere attività economicamente utili (lavorare la terra o produrre manufatti) a condizione che abbiano abbastanza paura di possibili punizioni (da parte dei custodi) da esercitare sufficiente temperanza (ossia controllo) nei confronti dei propri desideri (dell’anima concupiscibile). Costoro possono bensì cercare di soddisfare i propri desideri, poiché a questo fine devono lavorare (rendendosi utili allo Stato) per guadagnare il denaro utile allo scopo, ma entri i limiti fissati dalle leggi dello Stato.
  4. In tutti è bene che sia diffuso un sufficiente senso di giustizia affinché ciascuna anima sia contenuta nei limiti corretti al servizio del bene comune.
IL MITO DELLA CAVERNA
Si può immaginare che vi siano degli schiavi incatenati in una caverna sotterranea che sono costretti a guardare solo davanti a loro. Sul fondo della caverna gli schiavi guardano le ombre delle statuette che sono portate da dietro un muro da alcune persone; le statuette fanno la loro ombre sul fondo della caverna grazie ad un fuoco che le illumina.
I prigionieri ovviamente scambiano quelle ombre per la sola realtà esistente.
Ma se un prigioniero si liberasse dalle catene, girandosi vedrebbe le statuette e così capirebbe che son o le statuette la realtà e non le ombre.
Ma se riuscisse ad uscire dalla caverna lo schiavo capirebbe che la vera realtà non sono nemmeno le statuette ma la realtà che vede fuori la caverna.
All'inizio lo schiavo, abbagliato dalla luce non riuscirà a vedere bene gli oggetti e li vedrà riflessi nelle acque.
Poi finalmente riuscirà a vedere la luce del sole e la realtà. Dopo di ciò lo schiavo vorrebbe dire quello che ha visto ai  suoi amici prigionieri ma si rende conto che se tornasse nella caverna, a causa dell'oscurità, lui non riuscirebbe a vedere neanche le ombre e così nessuno alla fine gli crederebbe in quanto direbbero che ha gli occhi guasti. Infatti alla fine, infastiditi dal suo tentativo di liberarlo, lo ucciderebbero.


IL RACCONTO DEL TIMEO
Nel "Timeo", Platone ci spiega come sia stato generato il mondo sensibile. Nel testo, si possono riscontrare tre parti: Nella prima, Timeo spiega che la realtà si distingue in ciò che è eterno e in ciò che è generato e sottoposto al divenire. Il mondo è generato dal Demiurgo, una sorta di artefice, sulla base di modelli eterni e ideali (le Idee). Continua poi, dopo averci detto che il mondo è bello perché il suo Creatore è il Bello supremo, spiegando come il questo - il Demiurgo - crei il cosmo e di come affidi agli astri il compito di produrre i mortali. Nella seconda si parla del principio materiale di cui è costituito il cosmo, una sostanza informe, ma in grado di essere plasmata, della formazione degli elementi e dei caratteri sensibili. Nell'ultima parte vengono descritte la natura dell'uomo, le malattie, la genesi della donna, degli animali e la trasmigrazione delle anime (o metempsicosi). In conclusione, il Demiurgo crea il mondo, mosso da bontà, trasformando la materia caotica (physis) in cosmo (kosmos = ordine) e la sua figura viene assunta come modello da parte degli uomini: essi infatti dovrebbero cercare di trasformare il disordine in ordine.

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